Lo studio, condotto tra gli altri dall’Università di Catania e dall’Osservatorio Etneo dell’INGV, è stato pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment
Le tempeste che si verificano in mare possono influenzare la sismologia? A sostenere questa ipotesi è una ricerca multidisciplinare intitolata “Long-term analysis of microseism during extreme weather events. Medicanes and common storms in the Mediterranean Sea”, appena pubblicata sulla rivista ‘Science of the Total Environment’. Il lavoro è stato finanziato dal PON Ricerca e Innovazione 2014-2020, nell’ambito dell’Azione IV.5 – Dottorati di ricerca su tematiche green, dal progetto Archimede (bando Prin 2022 PNRR) e dal progetto i- waveNET (Interreg Italia-Malta, avviso 2/2019, asse prioritario 3). Lo studio è stato condotto da un team di ricerca multidisciplinare composto, tra gli altri, dal Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, dall’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, del Royal Observatory of Belgium, del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo, del Department of Geoscience dell’Università di Malta.
Tra novembre 2011 e febbraio 2023 il mar Mediterraneo, e i vari Paesi che si affacciano su di esso, è stato interessato da almeno nove Medicanes (uragani mediterranei) e diverse tempeste stagionali comuni. I ricercatori spiegano che “le onde del mare sono in grado di trasferire alla Terra solida energia sotto forma di deboli onde sismiche, che vengono registrate dalle comuni stazioni sismiche. I segnali sismici prodotti dall’impatto sulla costa delle onde o dalle fluttuazioni di pressione, noti con il nome di ‘microseism’, costituiscono un segnale onnipresente sulla Terra, caratterizzato da ampiezze estremamente basse“.
“Attraverso l’analisi e l’integrazione dei segnali registrati da 104 stazioni installate in zone costiere italiane, maltesi, greche e francesi, dei dati di altezza delle onde del mare acquisiti da boe ondametriche e dei dati sullo stato del mare da mappe di hindcast (ricavate da modellizzazioni numeriche e validate da osservazioni) è stato evidenziato come il microseism contenga informazioni preziose per monitorare lo sviluppo temporale e spaziale dei fenomeni meteo-marini estremi - spiega Andrea Cannata, docente dell’Università di Catania - Durante i giorni di progressiva intensificazione degli eventi analizzati le stazioni sismiche installate nelle aree interessate dai fenomeni meteorologici hanno mostrato un graduale aumento nel contenuto energetico delle onde sismiche. Inoltre, utilizzando due diversi metodi di localizzazione basati sui segnali sismici, è stato possibile localizzare e seguire nel loro spostamento i Medicanes“.
Le analisi condotte hanno permesso di ricavare la “firma sismica” e la “magnitudo sismica” dei Medicanes e delle tempeste stagionali comuni. “I Medicanes mostrano un contenuto in frequenza che varia da 0.18 Hz a 0.35 Hz. Mentre le tempeste comuni sono caratterizzate da frequenze più alte, da 0.3 Hz a 0.7 Hz”, prosegue Alfio Marco Borzì, ricercatore dell’Università di Catania. “Anche i differenti valori di ‘magnitudo sismica’, che variano in funzione dell’estensione spaziale di mare interessato da onde con altezze maggiori di tre metri, ricavati per le due tipologie di fenomeni meteorologici, ne permettono la distinzione. Poiché i sismometri sono stati tra i primi strumenti geofisici ad essere installati e dato che ora siamo in grado di distinguere sismicamente Medicanes e tempeste comuni, lo studio del microseism potrebbe aiutare a ricostruire eventuali cambiamenti nell’intensità e/o nella frequenza di questi fenomeni. Causati anche dal riscaldamento globale“, conclude Borzì.